Ribadita la corretta modalità di determinazione nell’ambito di finanziamenti a tasso agevolato concessi ai dipendenti tramite istituti di credito o altri soggetti
Costituiscono redditi di lavoro dipendente, da determinare in base a quanto stabilito dall’articolo 51 del Tuir, non soltanto le somme e i valori che il datore di lavoro corrisponde direttamente, ma anche le somme e i valori che, in relazione al rapporto di lavoro, sono erogate da soggetti terzi rispetto allo stesso rapporto. È quanto chiarisce l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 44 del 25 luglio 2023, che rappresenta l’occasione per riepilogare i compiti del datore di lavoro, il quale, nella determinazione del reddito dei propri dipendenti, deve tener conto del “principio di onnicomprensività”.
In base a questo principio, sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi e alle opere “offerti” dal datore di lavoro ai propri dipendenti, anche tramite altri soggetti, costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. A tal proposito, il comma 3, del richiamato articolo 51, dispone che “ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell’articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9” dello stesso Tuir.
Inoltre, nel documento di prassi odierno, l’Amministrazione precisa che, in caso di concessione di mutui agevolati ai dipendenti, erogati da istituti di credito, in base al comma 4, lettera b) del medesimo articolo 51, non rilevano eventuali modifiche successive alla concessione del finanziamento al dipendente relative alla cessazione del rapporto di lavoro, come ad esempio nel caso del pensionato, o del soggetto che risulta creditore al momento della scadenza delle rate, nell’ipotesi di fusioni tra banche o di crediti ceduti per effetto di operazioni di cartolarizzazione, non venendo meno la relazione tra la concessione del finanziamento e il rapporto di lavoro dipendente. Con riferimento specifico alla concessione di prestiti, l’articolo 51, comma 4, lettera b), del Tuir prevede che, ai fini della quantificazione del reddito in natura, “si assume il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto [ndr. ora Tasso Ufficiale di Riferimento] vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi”.
In più, l’Agenzia ribadisce che, ai sensi dell’articolo 51, comma 3 del Tuir, rientrano nella nozione di reddito di lavoro dipendente anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del lavoratore (o del pensionato) o ai familiari indicati nell’articolo 12 del Tuir, anche se non fiscalmente a carico. Pertanto, anche nel caso in cui il mutuo (o il finanziamento) sia intestato a un familiare o cointestato con un familiare (ad esempio, il coniuge) il calcolo deve essere effettuato sulla base dell’intera “quota interessi”.
Diversamente, qualora il mutuo sia cointestato con un soggetto diverso da quelli espressamente indicati nell’articolo 12, il calcolo deve esser effettuato sulla base della sola “quota interessi” imputabile al dipendente che ha sottoscritto il finanziamento.
Per completezza, nella risoluzione, l’Agenzia riporta alcune precisazioni sull’argomento contenute in una datata circolare ancora valida, la 326/1997, nella quale è specificato (paragrafo 3.2) che “… tra il sostituto d’imposta e il terzo erogatore o il dipendente sarà obbligatorio un sistema di comunicazioni che consenta di assoggettare correttamente a tassazione il totale reddito di lavoro dipendente corrisposto. Si pensi, ad esempio, al datore di lavoro che stipula una convenzione con un istituto di credito affinché vengano concessi prestiti a tassi agevolati ai propri dipendenti, con o senza oneri a carico del datore di lavoro stesso. In questa ipotesi, il compenso in natura costituito dal 50 per cento della differenza tra gli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente al momento della concessione del prestito (ora tasso ufficiale di riferimento al termine di ciascun anno) e quelli effettivamente praticati, è materialmente “erogato” dalla banca che è tenuta a comunicare il valore, ma l’obbligo di effettuare la ritenuta tenendo conto anche di questo valore incombe sul datore di lavoro, che è tenuto ad acquisirne l’importo. Un meccanismo analogo di comunicazioni dovrà essere istituito in presenza di un soggetto che ha ricevuto un compenso in natura dal datore di lavoro, ad esempio, un prestito a tasso agevolato e che poi sia collocato a riposo. Il datore di lavoro si trova a corrispondere soltanto il compenso in natura, mentre un ente pensionistico corrisponde il relativo trattamento pensionistico. In questo caso l’ex datore di lavoro sarà tenuto a comunicare all’ente pensionistico e, in mancanza o ritardo, questi ad acquisire, l’importo del valore da assumere a tassazione unitamente al trattamento pensionistico. Analogamente si deve procedere in caso di distacco del dipendente presso un altro datore di lavoro nel caso in cui alcune somme e valori siano corrisposti dal datore di lavoro distaccante e altri dal datore di lavoro presso cui è stato distaccato il dipendente. Va, inoltre, sottolineato che, per espressa previsione normativa, nel caso in cui la ritenuta da operare sui valori relativi ai compensi in natura non trova capienza, in tutto o in parte sui contestuali pagamenti in denaro, il sostituito è obbligato a fornire al sostituto le somme necessarie al versamento. In tal caso il sostituto è tenuto comunque a versare le ritenute all’erario nei termini ordinariamente previsti, anche se il sostituito non ha ancora provveduto al pagamento”.
Da quanto detto discende, che il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, deve effettuare le ritenute a titolo di acconto con riferimento a “tutte” le somme e i valori che il lavoratore dipendente percepisce in “relazione” al rapporto di lavoro intrattenuto con lo stesso, anche se talune delle suddette somme o valori sono corrisposti da soggetti terzi per effetto di un qualunque collegamento esistente con quest’ultimo (ad esempio, un accordo o convenzione stipulata dal sostituto d’imposta con il terzo).
Fonte FiscoOggi.it