La maternità di una lavoratrice subordinata rappresenta una fattispecie concreta che si può presentare durante lo svolgimento del rapporto di lavoro e viene definita come evento tutelato sotto il profilo normativo per tutte le categorie di dipendenti. La gestione del periodo di gravidanza e puerperio della lavoratrice presenta una serie di criticità che devono essere gestite con consapevolezza e affidamento reciproco. Cinque sono, in particolare, gli scenari che possono presentarsi.
La gravidanza della lavoratrice dipendente rappresenta un momento molto delicato anche per la gestione del rapporto di lavoro e degli equilibri aziendali. In particolare, il legislatore ha individuato una serie di normative volte a contemperare le necessità di tutela che sorgono in capo alla dipendente durante la gravidanza e il puerperio con il bisogno del datore di lavoro di salvaguardare il buon andamento dell’attività aziendale ed evitare abusi nella fruizione delle tutele stesse. Vediamo allora quali sono gli scenari concreti che ci si può trovare a dover affrontare.
Scenario n. 1 – Comunicazione dello stato di gravidanza e misure per salute e sicurezza
- La situazione che si crea: la lavoratrice presenta al datore di lavoro il certificato di gravidanza, indicante la data presunta del parto. La comunicazione deve essere tempestiva.
- Come gestirla: ricevuta la notizia della intervenuta gravidanza della lavoratrice, il datore di lavoro deve attivare le procedure previste dal DVR per valutare le condizioni e gli ambienti di lavoro in cui opera la dipendente, l’eventuale esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici identificabili come fattori di rischio. In presenza di fattori di rischio il datore di lavoro deve modificare temporaneamente le condizioni di lavoro (mansioni, orario etc..) o, se ciò non è possibile, chiedere l’interdizione anticipata per motivi di lavoro alla sede ITL territorialmente competente.
- Sanzioni e rischi: la violazione del divieto di adibire la lavoratrice in gravidanza a mansioni pesanti, insalubri, pericolose è punita con l’arresto del datore di lavoro fino a sei mesi.
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Scenario n. 2 – Interruzione non volontaria di gravidanza
- La situazione che si crea: la gravidanza della lavoratrice si interrompe, per qualunque causa non derivante da volontà della lavoratrice.
- Come gestirla: nel caso in cui l’interruzione di gravidanza si verifichi entro il 180° dall’inizio della gravidanza, la lavoratrice deve presentare certificato di ricovero/malattia ed ha diritto alle relative tutele, senza che questi giorni siano computabili ai fini del comporto. Nel caso in cui l’interruzione si verifichi in un periodo successivo al 180° giorno la lavoratrice ha diritto all’astensione obbligatoria per i 3 mesi successivi alla data dell’evento e alla indennità economica pari a quella prevista per il congedo di maternità. La dipendente ha tuttavia diritto di riprendere l’attività lavorativa in qualsiasi momento, purchè con almeno dieci giorni di preavviso da rendere al datore di lavoro e previa presentazione di certificazione medica che ne attesti l’idoneità fisica. Ai fini del calcolo dei 180 giorni va applicata la convenzione in base alla quale la durata della gestazione si presume pari a 300 giorni calcolati a ritroso a partire dalla data presunta del parto attestata nel certificato di gravidanza.
- Sanzioni e rischi: la violazione del divieto di adibire la lavoratrice durante il periodo di astensione obbligatoria post interruzione di gravidanza è punita con l’arresto fino a 6 mesi.
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Scenario n. 3 – Richiesta permessi per visite ed esami
- La situazione che si crea: la lavoratrice gestante chiede di fruire di permessi per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, che devono essere eseguiti in coincidenza con l’orario di lavoro.
- Come gestirla: il datore di lavoro deve concedere i permessi retribuiti richiesti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere necessariamente eseguiti durante l’orario di lavoro. Le visite possono essere effettuate in qualunque struttura sanitaria, sia pubblica che privata. Il permesso retribuito per controlli prenatali è limitato al tempo necessario previsto dalla visita, quindi non dura l’intera giornata, ma include il tempo della visita e quello impiegato per allontanarsi e rientrare alla sede di lavoro. Non sono previsti limiti o un numero massimo di permessi. La retribuzione e contribuzione correlata è a carico del datore di lavoro. Per richiederli la lavoratrice deve presentare un’apposita domanda, con modalità e procedure definite dal datore di lavoro e presentare al rientro la documentazione giustificativa che attesti la data e l’orario dei controlli.
- Sanzioni e rischi: il rifiuto alla concessione dei permessi spettanti è punito con la sanzione amministrativa da 516 a 2.582 euro.
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Scenario n. 4 – Sospensione del periodo formativo in apprendistato
- La situazione che si crea: durante il periodo formativo dedotto in un contratto di apprendistato interviene un periodo di astensione obbligatoria per maternità.
- Come gestirla: la legge prevede la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del lavoro, di durata superiore a trenta giorni (art. 42, comma 5, lett. g), D.Lgs. n. 81/2015).
Si tratta di un’opportunità utile al recupero della formazione non espletata durante l’assenza. Il datore di lavoro può stipulare un accordo con la lavoratrice in cui si evidenzia il periodo di non lavoro e il conseguente recupero della formazione con esplicita individuazione del nuovo termine del periodo formativo.
- Sanzioni e rischi: il mancato completamento della formazione prevista per il contratto di apprendistato può comportarne il disconoscimento e il recupero della contribuzione piena a carico del datore di lavoro maggiorata del 100%.
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Scenario n. 5 – Ricovero del neonato
- La situazione che si crea: ricovero del neonato durante il periodo di astensione obbligatoria della lavoratrice.
- Come gestirla: la lavoratrice può richiedere la sospensione del congedo di maternità nel caso in cui il neonato sia ricoverato, in una struttura pubblica o privata, durante il periodo di congedo obbligatorio post partum. Il datore di lavoro può concedere la sospensione una sola volta per ogni figlio nel rispetto delle norme sulla sicurezza e salute della lavoratrice. A tal fine occorre che la lavoratrice presenti al datore di lavoro le certificazioni mediche attestanti la compatibilità delle proprie condizioni di salute con la ripresa dell’attività lavorativa. La data delle dimissioni del neonato rappresenta il limite temporale oltre il quale non è possibile rinviare la fruizione del periodo di congedo di maternità ancora spettante.
- Sanzioni e rischi: qualora la lavoratrice riprenda l’attività lavorativa senza acquisire preventivamente l’attestazione medica, si configura una illecita permanenza al lavoro della lavoratrice stessa con conseguente perdita del diritto al congedo ed alla relativa indennità per un numero di giorni equivalenti alla indebita permanenza al lavoro.
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Fonte IPSOA.it